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La Costiera Amalfitana e le suo origini

Atrani: le Chiese ed i monumenti sacri

Un viaggio nella memoria di Giuseppe Liuccio

Inserito da (admin), lunedì 30 gennaio 2017 15:10:44

di Giuseppe Liuccio

È un meriggio dolce di un autunno tiepido come solo la Costa d'Amalfi sa regalare a poche settimane dall'inverno. Sono sulla spianata del viadotto di Atrani e mi attardo all'incanto di case a sbalzo che sagomano le montagne. Un frammento di flash-back e la moviola dei ricordi mi materializza volti e voci di un periodo bello di vita di stagioni lontane. E dentro mi riecheggia calda ed affabulante la voce del Maestro ed Amico Alfonso Gatto: «verde di casa rosa Atrani bianca/ città di un tempo e d'ogni giorno è colta/ dalla sorpresa d'essere/...nel tenere per saldo e per nitore/ terrazze a sghembo, cupole di chiese». La risacca che sfrangia ricami ai frangiflutti concilia i ricordi. E nell'atelier-romitaggio a fuga d'archi di loggiato mi sembra di (ri)vedere esile e curva d'anni e di malinconia la figura di Domenico De Vanna, pittore non grandissimo, ma dignitoso nella figurazione di paesi e marine, case e giardini, montagne a cornice di mare chiese e campanili a conquista di cielo.

E sono venuto qui oggi proprio per una tappa alla scoperta delle tante occasioni di Turismo Religioso tra chiese e conventi di uno dei borghi più belli d'Italia, uno scrigno di tesori tutti da scoprire e gustare in questo straordinario museo all'aperto. I documenti storici testimoniano che ad Atrani era fiorente la vita religiosa e che la cittadina disponeva di ben trecento luoghi di culto tra chiese e cappelle private. E alle pendici orientali del Monte Aureo, su di un parallelepipedo di roccia squilla, per arditezza di costrutto e nitore di facciata, la chiesa di Santa Maria del Bando, a memoria di condanne a morte gridate sulle ali del vento ai rei in trepida attesa e di rari miracoli di grazie accordate. Fu edificata nel X secolo. In seguito a restauri eseguiti tra il XII ed il XIII secolo, presenta motivi decorativi tipici di quell'epoca. La chiesa è ad una sola navata e dispone di una piccola sagrestia. Il pavimento messo in opera nel XIX secolo è in maioliche quadrate a motivi geometrici e proviene dalla Collegiata di Santa Maria Maddalena. La chiesa è così chiamata perché, come tramanda una leggenda, la Vergine concesse la grazia ad un uomo, ingiustamente condannato all'impiccagione. L'episodio è testimoniato anche da un pregevole affresco quattrocentesco che sormonta l'altare, dove sono raffigurati la Madonna col Bambino e, sul lato sinistro, un uomo in procinto di essere impiccato, appunto. Secondo un'altra versione, invece, da quell'alta rupe, grazie ad un'acustica particolare, venivano comunicati al popolo i nomi degli eletti alle cariche del ducato. All' interno dell'edificio è conservata un'urna cineraria di marmo bianco, risalente agli anni della dinastia Giulio-Claudia, appartenuta ad un liberto di Claudio o di Nerone. Al di sotto e poco distante dalla torre dello ziro troviamo la Grotta dei Santi, una piccola cavità naturale, che si apre su di un limoneto.

Le pareti sono decorate da affreschi in stile bizantino, risalgono al XII secolo e raffigurano i quattro Evangelisti. La grotta è quello che rimane del Monastero benedettino maschile dei SS. Quirico e Giuditta, fondato nel 986 dall'Arcivescovo Leone I. Faccio poche rampe di scale e mi trovo in quel gioiello di piazzetta che consente piacevoli conversari fino a notte fonda, all'aperto nei mesi primaverili/estivi e sotto i minuscoli accoglienti porticati. È da incanto la scalinata alla conquista del neoclassico di San Salvatore de Birecto, proscenio naturale per eventi di grande respiro e di grosso spessore culturale: recital di poesie, pièces teatrali, sfilate di moda, concerti di musica. L'orologio, sormontato dal campaniletto a vela, batte le ore della grande storia: e dalla cancellata del pronao fuoriescono, per incanto, dignitari e clero, cavalieri e mercanti a precedere, nel fasto dei costumi, il duca di Amalfi in festa per la fresca investitura. Un corteo che si replica per fiction per le celebrazioni della Regata Storica e del Capodanno Bizantino. Va dato atto alla Sovrintendenza che circa due anni fa ha restituito questo gioiello di chiesa al culto e alla cultura. I lavori di restauro, scrupolosi e di grande rigore professionale, hanno portato alla luce elementi che risalgono al XIII secolo. Gli archi intrecciati della parete di fronte all'altare richiamano quelli di Villa Rufolo a Ravello. Da incanto le ceramiche del pavimento; da visibilio di godimento estatico i bassorilievi. Non cessano di stupire le volte ariose della navata laterale a sinistra, come di quella centrale. E come non sperdersi nell'incantamento smemore di fronte ai riccioli del rosone dell'urna cineraria e al gioco e fuga degli archi e volte. Se Atrani è, come è riconosciuto ed ampiamente motivato da storici di tutto il mondo, un museo all'aperto in quel groviglio di chiese, conventi e palazzi lungo la strada che dal mare si imbuta nella Valle del Dragone, la Chiesa di San Salvatore ne è il cuore più vivo e palpitante. Qui si può praticare più che altrove il precetto della messa domenicale e, nello stesso tempo, registrare forti ed intense emozioni di fronte a spettacoli di grande bellezza e di incomparabili opere d'arte. Qui più che mai non cessa mai di sorprendere questa nostra costa, miniera inesauribile di cultura. Dobbiamo solo convincerci, ed operare di conseguenza, che quella della cultura è la strada da percorrere senza esitazioni, perplessità e sbandamenti e fino in fondo per la promozione di una offerta del turismo di qualità.

Faccio, intanto, un salto alla Collegiata della Maddalena, ma la trovo chiusa e rinvio la visita. M'incanto, comunque, allo spettacolo di Villa Cimbrone che minaccia il volo nell'abisso con tutto il suo carico di arte e di natura ed, incombe, balconata ardita, sullo spiazzo della Chiesa Madre, che con la facciata rococò ed il caratteristico campanile con la cupola maiolicata tende la mano a Capo Luna ed insieme chiudono il breve arco lunato della caratteristica baia. E, così, lo spettacolo di Atrani mi regala un pieno di ricordi/frammenti di flash back alla moviola della vita, mentre la voce di Gatto passa lieve a carezza di vento: «Nelle arcate profonde del viadotto/ il mare verde inabissato annera./ In alto i vetri del tramonto, sotto/ questo parlare franco ch'è già sera». E mi convinco sempre più che Atrani è il posto storicamente deputato ad avere, più di ogni altro in Costa d'Amalfi, la Casa Della Cultura, un altro tassello che va nella direzione giusta ad aprire porte di futuro. E provo una profonda ammirazione con un pizzico di sana invidia per il Sindaco De Rosa, pregandolo ed esortandolo con umiltà di farne un laboratorio di spessore e di livello internazionale, come storia prestigiosa e bellezza incomparabile consente, consiglia ed impone, senza mai cedere alla tentazione, qualunque sia e da qualunque parte venga la pressione, di dare l'assenso ad eventi che non rispondano all'eccellenza del luogo. Mi riprometto di proporre un'idea/progetto in privato al sindaco e, subito dopo, renderla pubblica insieme.

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