Tu sei qui: Economia e TurismoLa bellezza selvaggia del parco naturale di Capo d'Orso a Maiori
Inserito da (Maria Abate), mercoledì 16 gennaio 2019 16:37:03
Descrivere la selvaggia bellezza del promontorio di Capo d'Orso e l'irripetibile panorama che si può ammirare dai suoi anfratti è cosa ardua e letterariamente impegnativa. Preferiamo quindi lasciare la parola allo storico Matteo Camera di cui riportiamo un ampio stralcio del saggio-discorso scritto in occasione dell'inaugurazione della strada rotabile della Costiera, avvenuta il 12 Gennaio del 1853.
«[...] Soprattutto assai pittoresca e incantevole è la vista che si presenta al viaggiatore nel giungere alla punta cosiddetta del Tumolo, o di Capo d'Orso. Ivi si discopre in un sol colpo d'occhio un'immensa giogaia di monti che vanno a dispiegarsi a forma di un anfiteatro, e sulle cui vette e colline si innalzano le antiche città di Ravello e Scala un tempo nobilissime e famose; e sulle rive del mare sottostante rimangono le amene e deliziose spiagge di Maiori e di Minori, co' loro giardini sempre verdeggianti di pomi, di cedri e di aranci. Più in là, i paesi di Atrani e di Conca, in mezzo a' quali siede l'antica sovrana dei mari del Medioevo, la famosa Amalfi co' suoi borghi ... un sì bel quadro termina e si disperde all'ovest colla veduta delle poetiche isolette Sirenuse, del promontorio Ateneo e dell'isola di Capri, famosa per tante memorie e tante varietà della natura».
Meno noti, ma non meno importanti, sono i caratteri naturali dell'ampio promontorio che, estendendosi su un territorio di circa 3.000 ettari, conserva un patrimonio ambientale di notevole interesse, non solo per le prerogative paesaggistiche, ma anche per la struttura geologica, per la varietà della fauna e le particolari caratteristiche della flora. Il promontorio è inserito nel versante meridionale dei monti Lattari e ne conserva la prevalente natura calcareo-dolomitica presentando un aspetto ripido e scosceso. Vi sono anche varie cavità situate a diversa quota lungo le pendici, tra cui va citata la grotta Porta di Monte Piano costituita da una serie di cavità situate a diversi livelli e comunicanti tramite cunicoli e passaggi.
La vegetazione del promontorio assume l'aspetto inconfondibile della macchia mediterranea che, nonostante il suo aspetto uniforme, si presenta quanto mai complessa e variegata. Laddove meno si è registrata la presenza e l'intervento dell'uomo, è riuscita a sopravvivere la macchia alta, o macchia-foresta, una formazione vegetale che rappresenta l'erede più diretta dell'antica selva sempreverde che dominava nei tempi antichi la flora delle nostre coste soprattutto con le foreste di leccio alle basse quote e con i boschi di castagno alle quote più alte.
Il promontorio è popolato da numerose specie caratteristiche della fauna mediterranea e che costituiscono una delle componenti più significative dell'interesse naturalistico dell'area. Tra i mammiferi sono diffusi la volpe, la faina, il riccio, il moscardino, la talpa e il topo selvatico ed è ancora presente, anche se sempre più raro, il tasso. Tra gli uccelli, oltre alla poiana, il greppio, la ghiandaia e il gabbiano reale, la gemma che qualifica naturalisticamente questo territorio è il falco pellegrino, in quanto questo rapace è in via di estinzione in tutto il mondo.
«La Costiera amalfitana - scrive ancora Camera - è un bene culturale di interesse nazionale. Da questa premessa, tuttora valida nonostante l'inconsulta rapina degli ultimi trent'anni, bisogna partire per immaginare un futuro diverso per questo territorio, capace non solo di tutelare ciò che può ancora essere salvato, ma anche di riqualificare l'intero sistema di rapporti ambientali della zona. L'importanza delle emergenze naturalistiche, la singolarità del paesaggio e la presenza di significative testimonianze monumentali ed artistiche costituiscono un patrimonio non comune di risorse, sul quale è possibile fondare un modello alternativo di sviluppo, definitivamente svincolato dal condizionamento degli interessi settoriali. Quello che occorre è un salto di qualità culturale, che consenta di convincersi - una volta per tutte - che la consumazione del patrimonio ambientale, se può fare la fortuna di singoli gruppi o individui, scarica poi immensi costi sociali ed umani sull'intera collettività e sulle generazioni a venire, per le quali si prepara un imponente disastro fatto di inquinamento, degradazione del suolo, saturazione del territorio, e irreparabile perdita di risorse, possibilità ed energie. A questa logica, che distrugge il capitale della collettività ad esclusivo vantaggio privato, bisogna sostituire quella dell'interesse pubblico alla sua tutela, l'unica che consente di goderne i frutti in maniera duratura e che ne garantisce la sopravvivenza a beneficio di tutti».
(C .Conforti - La Costiera Amalfitana tra consumo e tutela)
Foto credits: Chiodoscattachiodo
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