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La presenza del limone in Costa d’Amalfi fin dall’epoca romana

Sin dal 986 i documenti medievali che fanno riferimento a terreni in Costa d'Amalfi parlano di citrus e di cetraria, indicativo quest'ultimo di terreno messo a coltura di agrumi, mentre la denominazione limunczellus dalla radice orientale appare solo nel 1367

Inserito da (Maria Abate), martedì 13 novembre 2018 16:21:35

Di Guendalina Giuliano (tratto dal libro "Il limone e la Costa d'Amalfi)

La più antica testimonianza della presenza degli agrumi nell'area campana è costituita dai dipinti parietali scoperti a Pompei negli anni ‘50 durante i lavori di scavo della Casa del Frutteto.

Il professor Domenico Casella nel suo lavoro La frutta nella pittura pompeiana riferisce che «in qualche mosaico e in qualche pittura di Ercolano e Pompei fanno bella mostra esperidi del genere citrus». Dall'analisi delle foglie e dei frutti ritratti in parete sono state riscontrate marcate analogie col limone oggi coltivato in Costa d'Amalfi. La scoperta di questi affreschi, quindi, oltre all'incommensurabile valore storico e artistico, rappresenta un elemento fondamentale nel nostro tentativo di datare l'arrivo del limone in Costa d'Amalfi: all'epoca dell'eruzione del Vesuvio, nel 79 d.C., il limone era apprezzato per la sua bellezza e coltivato a pochi chilometri dalla nostra costa. È possibile ipotizzare la continuità di questa presenza nell'area per tutto il periodo che va dal I secolo d. C. al X secolo, quando per la prima volta, nei documenti medievali superstiti si riferisce della presenza del citrus (anno 986). L'ipotesi resta tale, perché sarebbe difficile dimostrare una continuità quasi millenaria, ma rimane suggestiva e due elementi importanti la rendono maggiormente plausibile.

In primo luogo, la presenza a Minori della Villa Romana risalente al I secolo d.C. è una testimonianza significativa della presenza di patrizi romani in Costiera in un'epoca contemporanea di Pompei. Questo ci consente di supporre che piante di limoni fossero utilizzate anche in Costa d'Amalfi, come a Pompei ed Oplontis, per il loro valore ornamentale. In secondo luogo, un'osservazione di carattere filologico: per indicare il limone sono stati utilizzati nei secoli due termini, l‘uno di radice latina citrus, l'altro di derivazione mediorientale laymun. Sin dal 986 i documenti medievali che fanno riferimento a terreni in Costa d'Amalfi parlano di citrus e di cetraria, indicativo quest'ultimo di terreno messo a coltura di agrumi, mentre la denominazione limunczellus dalla radice orientale appare solo nel 1367.

Quindi, se è vero che gli Arabi hanno in buona misura contribuito a diffondere le qualità mediche e alimentari e il valore commerciale del limone presso gli amalfitani, il dubbio circa la diffusione dello stesso sul territorio da parte di questi resta, alla luce del costante utilizzo per secoli del termine di derivazione latina. Oltretutto, se nei primi documenti (chartae) il termine citrus non chiarisce di quale frutto si tratti, perché è noto che al genere citrus appartengono diverse varietà di agrume e solo quando si scrive di limunczellus si ha la certezza che ci si riferisca al limone, nulla esclude che in un cetrario possa identificarsi un limoneto e che il redattore della charta, che non è di certo un botanico, abbia trascritto la denominazione corrente cetraria, derivante da citrus in uso nel linguaggio locale nel periodo in mi scrive e non limone.

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